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UNA CORSA LEGGERA – capitolo 3

La mia giornata comincia alla mattina presto, entro in officina di buon ora, osservo la 500, il motore aperto in attesa di un pezzo di ricambio che non è disponibile. Mi metto al tornio per creare il perno mancante. Chiudo forte il pezzo di ferro sul mandrino e sposto la leva dello start. Il macchinario prende velocità, il ferro gira e l’inserto comincia a generare trucioli che a contatto con l’olio e con l’acqua creano  riflessi d’arcobaleno. Mi torna in mente la corsa di ieri sera: falcate, balzi e salti tra le pozzanghere dai riflessi bluastri e arancioni, simili a dipinti astratti. 

Apro la portiera della 500 bianca, mi siedo sul sedile rosso rubino e beige dell’utilitaria. L’abitacolo è piccolo ed essenziale. Davanti al mio torace, il volante rivestito di cuoio con le borchie di ferro e in centro un pulsante nero. Premendolo emette un suono pari a una nota in do basso di un flauto. È sempre un’emozione avviare un motore appena riparato.

Inserisco la chiave al centro del cruscotto e la giro verso destra, tiro la levetta dell’aria, e poi quella dell’avviamento. Immagino la pompa aspirare la benzina dal serbatoio e  incanalarla dentro un tubicino di plastica trasparente che porta al carburatore. Le candele scintillanti in attesa di assaporare il combustibile, il motorino di avviamento che grida come cicale in una giornata estiva, e poi il silenzio fino a che non riprovo a sollevare la levetta dell’avviamento: ed ecco di nuovo il canto delle cicale.

La 500 è in moto. L’aspro profumo della benzina oramai fa parte di me, impregnato nella tuta e nella mia pelle. I due cilindri della cinquecento muovono la carrozzeria a destra e a sinistra, un ondeggiare che ricorda i corpi degli atleti in riscaldamento con le loro spalle che si alzano e si abbassano come dire è andata così, i busti che oscillano come eccentrici, le braccia stese in avanti che si incrociano velocemente creando zone invarcabili, i piedi che calciano palloni invisibili, le ginocchia piegate, i talloni che toccano glutei duri come rocce.

Approfitto del sabato mattina per collaudare la 500 e perlustrare il percorso della maratonina…

un racconto di Sergio Rosolen

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